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Norme in materia ambientale

Norme in materia ambientale

Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente Norme in materia ambientale (pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 96 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006), è entrato in vigore il 29 aprile 2006.

L’effettiva entrata in vigore della maggior parte delle disposizioni innovative è condizionata all’emanazione di specifici decreti attuativi o comunque è soggetta a specifici regimi transitori che prevedono tempi di applicazione successivi.

Alcuni adempimenti, invece, che riguardano anche il settore agricolo, hanno immediata applicazione e sostituiscono le attuali e vigenti norme su gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati, acque, suolo ed emissioni in atmosfera.

Di seguito richiamiamo le principali novità, sia quelle di immediata applicazione sia quelle contenute nei decreti applicativi nel frattempo emanati.

 

ADEMPIMENTI DI IMMEDIATA APPLICAZIONE
(in vigore dal 29 aprile 2006)

Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche

Sostituzione dei Bacini con i Distretti idrografici, di più ampia estensione,  e relativa nomina dei vertici delle nuove strutture.

Le nuove domande di autorizzazione agli scarichi dovranno essere presentate, ai sensi dell’articolo 124 del nuovo Decreto, alla Provincia o, se lo scarico è in pubblica fognatura, all’Autorità d’ambito (precedentemente dovevano essere presentate al Comune).

 

Gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

Definizioni

Sono state introdotte diverse nuove definizioni che modificano in modo determinante la gestione dei rifiuti.

Si richiamano, in particolare, le seguenti nozioni:

Rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A al Decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

Sottoprodotto: i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo.

Non sono considerati rifiuti i sottoprodotti di cui l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall’impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo.

L’utilizzazione del sottoprodotto deve essere certa e non eventuale.

Al fine di garantire un impiego certo del sottoprodotto, deve essere verificata la rispondenza agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche, di sicurezza e di settore e deve essere attestata la destinazione del sottoprodotto ad effettivo utilizzo in base a tali standard e norme tramite una dichiarazione del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell’impianto dove avviene l’effettivo utilizzo.

 

Materia prima secondaria: materiali, sostanze o oggetti che, senza necessità di operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti derivanti dalle attività di recupero, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso, o abbia l'obbligo, di disfarsene.

I rifiuti speciali non sono assimilabili agli urbani se derivanti da enti e imprese esercitate su aree con superficie superiore ai 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti.

Non possono essere di norma assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico.

 

Limiti al campo di applicazione

Di particolare interesse la nuova definizione dei rifiuti agricoli esclusi contenuta nella lett. e) del comma 1 dell’art. 185, che dovrebbe comprendere anche i sottoprodotti che derivano dal trattamento di biomasse di derivazione agricola ed agroindustriale per l’estrazione di biogas e dei sedimenti derivanti dal lavaggio dei vegetali.

Le esclusioni sono immediatamente applicabili in relazione al fatto che non è previsto alcun rimando a specifiche disposizioni di legge, così come precedentemente specificato dall’art. 8 del D.Lgs. 22/97.

 

Catasto dei rifiuti

I produttori di rifiuti non pericolosi (attività industriali ed artigianali) non avranno più l’obbligo del MUD (le attività agricole erano già escluse). A tale proposito il Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente ha inviato una lettera ad Unioncamere, nella quale si afferma che sulla base dell’articolo 189, comma 3 del decreto legislativo, le imprese che producono rifiuti non pericolosi non saranno più tenute alla presentazione del MUD già da quest’anno.

 

Registri di carico e scarico

Hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico tutti i produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali e dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti.
Per cui non c’è più l’esclusione per le attività artigianali fino a tre dipendenti. Per l’agricoltura è confermato l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico per i rifiuti pericolosi.

Le annotazioni per tutti i produttori di rifiuti devono essere effettuate entro dieci giorni lavorativi dalla operazione oggetto di registrazione (i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento dovranno provvedere alle annotazioni entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti).

I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 10 tonnellate di rifiuti non pericolosi e 2 tonnellate di rifiuti pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.

I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA, e cioè numerati e conservati a norma (senza abrasioni, cancellature, ecc..) senza più alcun obbligo di bollatura come previsto dalla L. 383/01.

L’obbligo della tenuta del registro si intende correttamente adempiuto anche quando sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata.

La quantità di rifiuti prodotti o presi in carico da indicare nel registro di carico e scarico deve essere espressa in Kg o in litri o in metri cubi ((in kg o in litri e in metri cubi)).

 

Formulario di identificazione

Il trasporto di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri (e quindi non al giorno ma occasionalmente), è esentato dall’obbligo del formulario. Il trasporto di propri rifiuti pericolosi indipendentemente dalla quantità e comunque quello dei rifiuti non pericolosi che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri effettuato come attività ordinaria e regolare è invece soggetto all’obbligo del formulario.

Il formulario non è più richiesto, in quanto il trasporto viene effettuato con documentazione già prevista dalla normativa specifica:

  • per il trasporto dei fanghi in agricoltura regolamentati dal D.Lgs. 99/92;
  • per il trasporto di scarti di origine animale non destinati al consumo umano.

 

Albo nazionale gestori ambientali

L’articolo 212, comma 8, del D.Lgs.n.152/06 obbliga le imprese che trasportano rifiuti propri non pericolosi come attività ordinaria e regolare e le imprese che trasportano propri rifiuti pericolosi fino a 30 Kg/l al giorno, alla iscrizione all’Albo previa richiesta scritta alla sezione regionale territorialmente competente.

L’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali avviene a seguito di semplice richiesta scritta alla sezione dell’Albo senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e alla idoneità tecnica e senza che vi sia l’obbligo di nomina del responsabile tecnico.

Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a 50 euro rideterminabile.

Il Comitato nazionale ha emanato, con la deliberazione n. 1 del 26 aprile 2006, le procedure per l’iscrizione. La deliberazione definisce che:

  • le imprese soggette presentano richiesta d’iscrizione all’Albo secondo lo schema riportato nell’allegato “A” e vengono iscritte “ope legis” con decorrenza dalla data di ricezione della richiesta stessa.
  • la Sezione regionale, ricevuta  la richiesta e verificata l’iscrizione dell’impresa nel registro delle imprese, rilascia immediatamente la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di iscrizione, successivamente procede a verificare, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti dichiarati nella richiesta d’iscrizione, ad acquisire la certificazione antimafia e ad emettere il provvedimento di iscrizione.
  • l’efficacia dell’iscrizione è subordinata alla corresponsione del diritto annuale di iscrizione di 50 euro.

I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma, le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti con procedura semplificata e le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi (autosmaltimento), sono iscritte in un apposito registro a seguito di avvenuta comunicazione di inizio attività. Per la tenuta dei registri di cui sopra gli interessati saranno tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro (rideterminabile).   

Tale disposizione non è ancora effettivamente applicabile poiché in merito il Comitato nazionale non ha ancora deliberato.

In relazione a quanto specificato si suggerisce di procedere all’iscrizione all’Albo gestori a tutte le aziende che effettuavano con cadenze determinate il trasporto di rifiuti propri non pericolosi e di rifiuti propri pericolosi fino a 30 Kg/l al giorno.

 

Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera

Per quanto riguarda la parte relativa alle emissioni in atmosfera, gli obblighi di immediata applicazione riguardano solamente i nuovi impianti.

Le domande di autorizzazione per i nuovi impianti ricadenti nel titolo I dovrebbero essere inviate secondo le nuove procedure  previste dall’articolo 269:

  • alla Regione;
  • all’autorità che rilascia l’AIA per gli impianti soggetti a tale procedura.  

È bene verificare con la propria regione come procedere, quale modulistica utilizzare; quali comportamenti adottare nelle realtà in cui le competenze, ai fini dell’applicazione del DPR 203/88, erano delegate alle province.

 

I DECRETI ATTUATIVI

Sono stati pubblicati i seguenti decreti del Ministro dell’ambiente, datati 2 maggio 2006, che attuano il d.lgs. 152/2006:

 

  • riorganizzazione del catasto rifiuti (G.U. 108 dell’11.5.2006);
  • istituzione dell'elenco dei rifiuti (G.U. 114 del 18.5.2006);
  • gestione delle entrate dell’Albo nazionale gestori ambientali (G.U. 113 del 17.5.2006);
  • registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti (G.U. 108 dell’11.5.2006);
  • requisiti essenziali sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio (G.U. 108 dell’11.5.2006);
  • semplificazione delle procedure amministrative relative alle rocce e terre da scavo (G.U. 112 del 16.5.2006);
  • requisiti relativi al centro di raccolta e all'impianto di trattamento dei veicoli fuori uso (G.U. 112 del 16.5.2006);
  • schema-tipo  di statuto dei consorzi (G.U. 119 del 24.5.2006).
  • individuazione delle tipologie di beni in polietilene (G.U. 106 del 9.5.2006)
  • modalità di aggiudicazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (G.U. n. 108 dell’11 maggio 2006);
  • Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (G.U. n. 108 dell’11 maggio 2006);
  • modalità e termini di aggiudicazione della gestione del Servizio idrico integrato (G.U. n. 113 del 17 maggio 2006);
  • Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (G.U. 108 dell’11.5.2006)
  • Modalità di utilizzo per la produzione di energia elettrica del CDR di qualità elevata (G.U. 106 del 9.5.2006).

 

Ecco (per ragioni di spazio) un breve commento delle disposizioni contenute nei decreti.

 

D.M. 2 maggio 2006 - Riorganizzazione del catasto dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Il D.M. 2 maggio 2006 attua l’art. 189 del D.Lgs. 152/06, in materia di catasto rifiuti, ed abroga le precedenti disposizioni in materia stabilite con il decreto ministeriale 4 agosto 1998, n. 372 .

Fermo restando che il catasto dei rifiuti è costituito da una sezione nazionale, con sede presso l’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici), e da sezioni regionali o delle province autonome (presso le ARPA/APPA), viene riorganizzato su base telematica e comprende una banca dati suddivisa in sette sezioni, corrispondenti ai vari tipi di informazione richiesti, da aggiornare periodicamente a cura della stessa APAT che provvederà anche all’elaborazione e pubblicazione dei dati, in particolare afferenti alle caratteristiche quali-quantitative dei rifiuti prodotti (artt. 1 e 2). 

A tal fine il catasto è interconnesso con altre reti telematiche, tra cui quelle delle camere di commercio e dell’albo nazionale gestori ambientali (art. 3).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Istituzione dell'elenco dei rifiuti, in conformità all'articolo 1, comma 1, lettera A), della direttiva 75/442/CE ed all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CE, di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.

L’art. 184.4 del d.lgs. 152/06, prevede l’istituzione dell’elenco dei rifiuti conformemente alla normativa comunitaria in materia. In attuazione, il DM 2.5.06 pubblica l’elenco dei rifiuti - che va a sostituire quello provvisorio allegato al d.lgs. 152/06 (allegato D) - inserendovi gli aggiornamenti e la tabella di concordanza dei codici identificativi richiesti a livello comunitario.  Per i rifiuti agricoli, contrassegnati dal codice 02, rimane sostanzialmente invariata la nomenclatura e la classificazione; pertanto, restano confermati i codici indicati nella circolare n. 12329 del 24 maggio 2006.

 

D.M. 2 maggio 2006 - Gestione delle entrate derivante dall'Albo dei gestori di rifiuti, ai sensi dell'articolo 212, comma 16, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Il D.M. 2 maggio 2006, in  attuazione dell’art. 212, comma 16, del D.Lgs. 152/06, stabilisce che agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali (organi in cui è articolato l'Albo nazionale gestori ambientali) si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il DM attuativo 2.5.06 dispone altresì che i suddetti organi si avvalgono del personale, della strumentazione e delle infrastrutture delle camere di commercio (artt. 3-4), cui saranno rimborsate le relative spese, previa rendicontazione annuale delle stesse e verifica della loro ammissibilità (artt. 6 e 7). 

Il diritto annuale di iscrizione è fissato in 50 euro (art. 2.7), mentre il 25% dei diritti riscossi da alcune sezioni regionali, unitamente ad eventuali eccedenze di entrate, è versato in un fondo di compensazione istituito presso l’Unioncamere, da destinare alle suddette spese di funzionamento, del comitato e delle sezioni, nonché al rimborso delle camere di commercio (artt. 2.2 e 5).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 212, comma 23, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Il D.M. 2 maggio 2006 attua il comma 23 dell’art. 212 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 che prevede l’istituzione dei registri delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti, da costituire presso il Comitato nazionale dell'Albo nazionale gestori ambientali.

Il DM, specifica gli elementi identificativi delle imprese che, a richiesta di queste ultime (principio della volontarietà dell’inserimento dei dati: art. 4.1), vanno inseriti nei registri delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti.

Tali registri, istituiti presso il comitato nazionale gestori ambientali, sono mensilmente aggiornati nonché pubblicati e divulgati, anche in via telematica, a beneficio delle amministrazioni pubbliche e degli operatori (artt. 1 e 2).  L’iscrizione nei registri ha valore ricognitivo e di pubblicità-notizia e, quindi, non sostituisce le prescritte autorizzazioni alla gestione dei rifiuti (art. 2.5).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Aggiornamento degli studi europei fissati dal Comitato europeo di normazione (CEN), in conformità ai requisiti essenziali stabiliti all'articolo 9 della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio.

L’art. 226.3 del d.lgs. 152/06 dispone, in tema di gestione degli imballaggi, che possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei, da aggiornare con decreto ministeriale ai requisiti essenziali dettati dalla UE.

Il DM 2.5.06 pubblica gli estremi delle norme tecniche nazionali UNI EN (costituenti i requisiti essenziali), di recepimento della normativa comunitaria, cui gli imballaggi e rifiuti di imballaggio devono conformarsi (artt. 1 e 2.1).  Tali requisiti essenziali, che gli imballaggi devono possedere, si considerano parimenti soddisfatti qualora siano rispettate le linee guida di conformità elaborate dall’UNI, fino alla emanazione delle quali è sufficiente presentare la dichiarazione di conformità (autodichiarazione) secondo il modello allegato allo stesso decreto (artt. 2.2 e 4.2).

In ogni caso, ex art. 3, la conformità degli imballaggi alle norme UNI EN o alle linee guida deve essere attestata in una dichiarazione da presentare all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti che, in caso di accertata inadempienza, segnala la violazione all’autorità competente (comune o provincia) per l’irrogazione della prevista sanzione (amministrativa pecuniaria).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Semplificazione delle procedure amministrative relative alle rocce e terre da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale, ai sensi dell'articolo 266, comma 7, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

L’art. 266.7 del d.lgs. 152/06 prevede la semplificazione amministrativa delle procedure relative alle terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale.

Il DM 2.5.06 precisa innanzitutto che tali cantieri devono essere edili o finalizzati alla manutenzione di reti o infrastrutture, e non devono costituire siti contaminati (art. 1).  I relativi materiali da scavo, che non costituiscono rifiuti, sono esclusi dalla disciplina dell’art. 186 del decreto delegato purché l’impresa invii all’Arpa una preventiva dichiarazione circa l’utilizzo di metodologie di scavo non inquinanti nonché assertiva delle quantità e dei siti di destinazione dei materiali (art. 2.1.3).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Requisiti relativi al centro di raccolta e all'impianto di trattamento dei veicoli fuori uso non disciplinati dal D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, e successive modificazioni, ai sensi dell'articolo 231 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

L’art. 231 del d.lgs. 152/06 statuisce che il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio deve consegnarlo, per la demolizione, a un centro autorizzato di raccolta le cui caratteristiche, unitamente alla messa in sicurezza del veicolo, saranno definite con decreto ministeriale.

Pertanto, il DM 2.5.06 ha fissato, nell’all.to 1, i requisiti che i centri di raccolta devono possedere relativamente alle dotazioni (superficie adeguata, viabilità, recinzione, raccolta reflui), all’ubicazione degli impianti (fuori dai centri abitati, dalle zone protette, di rispetto, esondabili), alla loro organizzazione (in sette settori, corrispondenti alle varie attività di gestione), allo stoccaggio (per i contenitori e serbatoi, manichette, rifiuti pericolosi e oli usati).

Inoltre, lo stesso decreto ha dettato, nell’all.to 2, le operazioni di messa in sicurezza, demolizione e promozione del riciclaggio che i centri di raccolta devono effettuare nel trattare i veicoli fuori uso.

Infine, l’allegato 3 contiene un elenco delle parti di ricambio, soggette alla disciplina in questione, che sono attinenti alla sicurezza dei veicoli e che devono essere cedute alle imprese di autoriparazione (art. 231.10.11, d.lgs. 152/06).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Approvazione  dello  schema-tipo  di statuto dei consorzi per ciascun materiale  di  imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 223, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

L’art. 223.2 del d.lgs. 152/06 stabilisce che i consorzi di recupero degli imballaggi usati devono essere retti da uno statuto il cui schema è predisposto dal Ministro. Il D.M. 2.5.06 pubblica in allegato tale schema-tipo ribadendo, all’art. 1, che dovrà essere adottato da ciascun consorzio – che i produttori dovranno costituire per ogni materiale di imballaggio e con operatività a livello nazionale – e inviato entro 15 giorni al Ministro per l’approvazione.

 

D.M. 2 maggio 2006 - Individuazione delle tipologie di beni in polietilene rientranti nel campo di applicazione dell'articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.  

Il comma 2 dell'art. 234 stabilisce che con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono individuate le tipologie di beni in polietilene.

Peraltro, lo stesso articolo, ampliando il precedente elenco fissato dal D.Lgs 22/97, individua già la seguente serie di rifiuti non ricompresi nella definizione di beni in polietilene:

  • gli  imballaggi di cui all'art. 218 del d.lgs. 152/06, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd);
  • i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231 del d.lgs. 152/06;
  • i materiali e le tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque, in quanto considerati beni durevoli (fattispecie precedentemente non prevista dal D.Lgs. 22/97).

Con il D.M. 2 maggio 2006 viene stabilito che per beni in polietilene, di cui all'art. 234, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si intendono:

  • i teli e le reti ad uso agricolo quali:

film per copertura di serre e tunnel;

film per la copertura di vigneti e frutteti;

film per pacciamatura;

film per insilaggio;

film per la protezione di attrezzi e prodotti agricoli;

film per pollai;

reti ombreggianti, di copertura e di protezione;

  • i contenitori rigidi per uso di igiene ambientale di capacità superiore ai 75 litri, di cui alle norme UNI EN 840, UNI EN 12574, UNI EN 13071.

Tale elenco dovrà essere verificato con cadenza triennale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministero dell'attività produttive, sulla base dei risultati conseguiti in termini di raccolta e riciclo dei rifiuti dei predetti beni nonchè degli impatti ambientali generati dagli stessi (art. 1.2).

Gli utilizzatori ed i distributori dei beni in polietilene possono partecipare ai consorzi previsti dal comma 1 dell'art. 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche mediante le rispettive associazioni nazionali di categoria. Si ricorda a questo proposito che il suddetto articolo ha modificato profondamente il precedente articolo 48 del D.Lgs. 22/97. Si passa, difatti, da un solo consorzio, nel quale la partecipazione degli utilizzatori non era obbligatoria, alla possibilità di creare più consorzi o forme diverse di gestione dei beni in polietilene (gestione diretta da parte degli operatori), nei quali gli utilizzatori sono chiamati a dare il loro contributo anche dal punto di vista economico.

L’art. 234 del D.Lgs. 152/06 ed il relativo D.M. 2 maggio 2006 di attuazione riducono notevolmente le tipologie di beni in polietilene che dovranno essere gestiti obbligatoriamente dai consorzi, limitandoli, ad eccezione dei cassonetti dei rifiuti, alle fattispecie di origine agricola.

Oggi il contributo di raccolta e riciclo è pari a 0,15 €/kg, applicato a circa un milione di tonnellate di beni in polietilene, in relazione alla vecchia classificazione (art. 48 del D.Lgs. 22/97).

Con il nuovo decreto la situazione, come già descritto, cambia notevolmente. Il contributo, difatti, verrebbe a gravare solo su circa 200.000 tonnellate di beni in polietilene (di cui la gran parte è costituita da teli e reti utilizzati in agricoltura) Da ciò potrebbe derivare un cospicuo aumento del contributo di riciclaggio per gli utilizzatori, oltre ad eventuali ulteriori spese per la partecipazione diretta ai consorzi.

Tali perplessità, già manifestate dalla Confagricoltura durante l’iter di approvazione del Testo unico sull’ambiente, saranno riproposte al nuovo Governo al fine di riequilibrare la situazione, evitando ulteriori costi aggiuntivi per l’agricoltura.

 

D.M. 2 maggio 2006 - Modalità per l'aggiudicazione, da parte dell'Autorità d'ambito, del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, ai sensi dell'articolo 202, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

D.M. 2 maggio 2006 - Disciplina delle modalità e dei termini di aggiudicazione della gestione del Servizio idrico integrato, ai sensi dell'articolo 150, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

L’art. 150.2 del d.lgs. 152/06 afferma, in materia di servizi idrici, che l’Autorità d’ambito - cui spettano le competenze relative alle risorse idriche in ciascun ambito territoriale ottimale - aggiudica mediante pubblica gara la gestione del servizio idrico integrato, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del ministro dell’ambiente.

L’art. 202.1 del medesimo, succitato decreto, afferma, con speculare previsione in materia di rifiuti urbani, che l’Autorità d’ambito - cui sono affidate le competenze relative alla gestione integrata dei rifiuti in ciascun ATO - aggiudica mediante gara pubblica tale servizio di gestione, secondo criteri parimenti dettati a livello ministeriale.

In attuazione di tali disposizioni, due distinti DM, entrambi del 2.5.2006 e di analogo contenuto, precisano per ciascun servizio (di gestione idrica e dei rifiuti) da aggiudicare che la relativa gara deve essere a procedura aperta e basarsi sull’offerta economicamente più vantaggiosa, con ammissione riservata alle società di capitali (costituite anche in consorzi o associazioni temporanee di imprese) e ai GEIE, in possesso di specifici requisiti in termini di capacità, esperienza e fatturato, da attestare anche con autodichiarazione (art. 3, commi 1,4,6).

E’ escluso dalla partecipazione alla gara chi ha subito condanne, commesso violazioni o dichiarato il falso (art. 4).  Il bando di gara deve, in particolare, specificare il termine di presentazione delle offerte, il divieto di subaffidamento e l’importo della cauzione mentre l’Autorità d’ambito deve mettere a disposizione dei concorrenti il piano d’ambito (su cui possono essere concordate modifiche) nonché lo schema di convenzione e relativo disciplinare di gestione (ovvero schema di contratto di servizio, in caso di gestione dei rifiuti), inerenti agli interventi e alle modalità, temporali e finanziarie, di esecuzione (artt. 5 e 6).

Le offerte sono valutate in base a determinati elementi (qualità del servizio, miglioramento del piano economico-finanziario con riduzione delle tariffe, miglioramento degli obiettivi, riutilizzo del personale preesistente) il cui valore è espresso in parametri numerici da indicare nello stesso bando (artt. 7 e 8).

La valutazione è effettuata da una commissione nominata dall’Autorità d’ambito cui sarà rimessa la graduatoria per l’aggiudicazione definitiva al primo classificato (artt. 9.1 e 10) con il quale sarà stipulata, entro 30 giorni, la convenzione di gestione (ovvero il contratto di servizio), pena l’incameramento della cauzione (art. 10.4).

L’Autorità d’ambito deve dare comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione del servizio trasmettendo la relativa documentazione (artt. 10.1 e 11.1) al Ministero dell’ambiente, alla Regione competente e all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti che, ricordiamo, sostituisce il comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’osservatorio nazionale sui rifiuti (quest’ultimo provvisoriamente ancora operativo), incorporando le relative funzioni e strutturandole in due distinte sezioni, risorse idriche e rifiuti (artt. 159.1 e 207, d.lgs. 152/06).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, ai sensi dell'articolo 159, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Con altro DM, sempre del 2.5.06, viene fissata in sette anni la durata delle cariche in tale Autorità e, per il primo mandato, vengono nominati i coordinatori delle due sezioni nonché il presidente, il consiglio e il comitato esecutivo dell’Autorità, ricorrendo ai componenti dei vecchi organismi. 

 

D.M. 2 maggio 2006 - Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue, ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

 

Il D.M. di cui trattasi sostituisce il precedente decreto 12 giugno 2003, n. 185, emanato in attuazione di quanto previsto dall’art. 6 della legge n. 36/1994 (comunemente nota come legge Galli), così come modificato dall’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 152/1999 (disposizioni abrogate dal D.Lgs. 152/06).

Il D.M. 2 maggio 2006, come già specificato, attua l’art. 99 del d.lgs. 152/06 che prevede l’emanazione, da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, di norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue. Inoltre lo stesso articolo prevede che le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottino norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.

Prima di descrivere brevemente il decreto di cui trattasi, si ritiene utile evidenziare le seguenti principali novità introdotte dal D.M. 2 maggio 2006, rispetto al precedente decreto   n. 185/2003:

 

  • art. 7 -  Controllo e monitoraggio degli impianti di recupero: nel ribadire l’obbligo per il titolare dell'impianto di recupero di assicurare un sufficiente numero di autocontrolli all'uscita dell'impianto di recupero, che comunque non deve essere inferiore a quello previsto dalla normativa regionale in rapporto alle specifiche utilizzazioni, viene specificato che, in ogni caso, la cadenza minima è quindicennale;
  • art. 14 - Ulteriori norme per il riutilizzo irriguo: viene prevista la possibilità in regime normale di superare i parametri previsti per l’escherichia coli, sempre che siano rispettate le precauzioni indicate nel decreto (precedentemente era previsto un regime di deroga che scadeva dopo tre anni);
  • Allegato - Requisiti minimi di qualità delle acque reflue recuperate all'uscita dell'impianto di recupero:

-         paragrafo 1: in relazione al riutilizzo irriguo e civile delle acque reflue ed al rispetto dei limiti indicati nella tabella riportata in allegato al decreto, viene specificato che le regioni stabiliscono per ogni zona omogenea del proprio territorio i parametri per i quali è obbligatorio effettuare il controllo ed il monitoraggio, fissando i limiti dei medesimi nel rispetto delle indicazioni contenute nel decreto;

-         paragrafo 3: oltre alla possibilità data alle regioni, sempre nel rispetto delle condizioni stabilite dal decreto, di autorizzare per alcuni parametri (pH, azoto ammoniacale, conducibilità elettrica specifica, alluminio, ferro, manganese, cloruri, solfati) limiti diversi da quelli individuati nella tabella allegata al decreto, viene stabilito che le regioni per i restanti parametri chimico-fisici possono prevedere, sulla base di consolidate conoscenze acquisite per i diversi usi e modalità di riutilizzo a cui le acque reflue sono destinate, limiti diversi da quelli previsti nella tabella dell’allegato, purchè non superiori ai limiti per lo scarico in acque superficiali di cui alla Tabella 3 dell’allegato 5 della Parte Terza del decreto legislativo n. 152/2006, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

Tornando alla descrizione del decreto, il DM 2.5.2006 stabilisce le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane e industriali, destinate ad essere utilizzate (a fini agricoli, civili e industriali) presso stabilimenti diversi da quelli che le hanno prodotte (art. 1.3).  Pertanto, la disciplina non riguarda l’utilizzo di acque reflue presso il medesimo stabilimento o consorzio industriale che le ha prodotte, con ciò intendendo specificare soltanto che queste ultime ipostesi esulano dal campo di applicazione del decreto in esame e del relativo regime autorizzatorio (ad esempio per gli effluenti zootecnici di origine agricole esistono disposizioni specifiche).

Le norme tecniche emanate regolamentano le varie destinazioni d’uso delle acque trattate ed i relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche (art. 1.1). Nello stesso tempo il decreto ha l’obiettivo di:

-         limitare il prelievo delle acque superficiali e sotterranee;

-         ridurre l’impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori;

-         favorire il risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue.

Inoltre, il riutilizzo deve avvenire in condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonchè rischi igienico-sanitari per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di sanità e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale e agricola.

Il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura è finalizzato all’irrigazione delle colture (anche se destinate a fini alimentari) e deve avvenire in condizioni di sicurezza ambientale evitando alterazioni del suolo e delle coltivazioni e rispettando le regole del codice di buona pratica agricola (CBPA, art. 10.1).  In particolare, il riutilizzo irriguo non può superare, ex art. 10.1, il fabbisogno delle colture (ai fini del risparmio idrico) e i relativi apporti di azoto concorrono al raggiungimento dei carichi massimi ammissibili  nonché alla formazione del bilancio complessivo dell’azoto (vedi anche le disposizioni stabilite dal D.M. 7 aprile 2006 in materia di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici).

 

In allegato al decreto sono indicati i requisiti chimico-fisici e microbiologici che, in base alla destinazione d’uso, le acque reflue recuperate devono possedere (art. 4.1).

Il riutilizzo irriguo può essere autorizzato anche in deroga al valore-limite del parametro Escherichia coli (art. 14.1), nel rispetto delle seguenti condizioni stabilite dallo stesso decreto:

-         nelle aree di origine delle acque reflue ed in quelle ove avviene il riutilizzo irriguo non sia riscontrato un incremento, nel tempo, dei casi di patologie riconducibili a contaminazione fecale;

-         il metodo irriguo non deve comportare il contatto diretto dei prodotti edibili crudi con le acque reflue recuperate.

D’altra parte, l’autorità sanitaria può sempre disporre divieti e limitazioni, sia temporali sia territoriali, alle attività di recupero o di riutilizzo (art. 4.3).

Nell'ambito della autorizzazione allo scarico con finalità di riutilizzo (autorizzazione agli scarichi art. 124 del D.Lgs. 152/06) e, nel caso di impianti di recupero delle acque reflue urbane, dell'approvazione dei progetti ai sensi dell'art. l26 del decreto legislativo n. 152/2006 sono dettate le prescrizioni atte a garantire che l'impianto autorizzato osservi i valori limite e le norme del decreto e della normativa regionale di attuazione (art. 6.1).

 L'impianto di recupero delle acque reflue è soggetto al controllo da parte dell'autorità competente (in conformità al programma di controllo sugli scarichi di cui all’art. 128, d.lgs. 152/06) per la verifica del rispetto delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione. Il controllo, su disposizione dell'autorità competente e sulla base del programma di controllo può essere effettuato dal titolare dell'impianto di recupero. E’ previsto comunque anche l’obbligo di autocontrollo (analisi delle acque da effettuare all’uscita dall’impianto) da parte dello stesso titolare dell’impianto di recupero, con cadenza almeno quindicennale (art. 7).

Il titolare della rete di distribuzione deve, invece, monitorare i parametri delle acque distribuite e gli effetti ambientali e agronomici del riutilizzo (art. 11).  Inoltre, a lui spetta di fissare la tariffa relativa alla distribuzione delle acque reflue recuperate, conferitegli senza alcun onere dal titolare dell’impianto di recupero (art. 12.2.4).

La rete di distribuzione delle acque reflue recuperate deve, altresì, essere adeguatamente contrassegnata e separata da quella delle acque per il consumo umano (art. 9).

 

D.M. 2 maggio 2006 - Modalità di utilizzo per la produzione di energia elettrica del CDR di qualità elevata (CDR-Q), come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

Il decreto attua il comma 6 dell’art. 229 del D.Lgs 152/06 che estende anche al CDR-Q il regime di incentivazione di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

Si ricorda a questo proposito che con l’abbreviazione CDR si intende il combustibile da rifiuti e con l’abbreviazione CDR-Q si intende il combustibile da rifiuti di qualità elevata (ai sensi dell’art. 186 comma 1 lett. s) del D.Lgs. 152/06 il CDR-Q è definito: combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità elevata).

Al fine di attuare quanto previsto dell’art. 229 del D.Lgs 152/06, il D.M. 2 maggio 2006 modifica l'art. 12, comma 3, del decreto 24 ottobre 2005 (Aggiornamento delle direttive per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili), stabilendo che ha diritto ai certificati verdi la produzione di energia elettrica degli impianti che utilizzano combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) come descritto dalle norme tecniche UNI 9903-1 (RDF di qualità elevata).

Nell’allegato 1 del D.M. sono indicate le modalità di utilizzo del CDR-Q.

Il provvedimento, che incentiva l’utilizzo dei CDR-Q per la produzione di energia, pur non rivestendo un interesse diretto ed immediato per l’agricoltura, andrà monitorato e seguito con attenzione poichè potrebbe condizionare negativamente lo sviluppo delle biomasse derivanti da produzioni agricole.